mercoledì 28 marzo 2012

In vacanza a Ohrid

Se vi piace andare in vacanza al lago, un posto che non potete perdervi è la cittadina di Ohrid, posta sull'omonimo lago al confine fra Macedonia e Albania. Ohrid dista solo due ore da Skopije: sarà per questo che in estate la popolazione della capitale macedone sembra spostarsi in massa in questa piccola cittadina. Piccola però densa di storia. Fu città episcopale e sede di un importante scuola letteraria: sembra che il cirillico sia stato riformato proprio da San Clemente di Ocrida (versione italiana di Ohrid) che modificò l'alfabeto glaolitico inventato da Cirillo e Metodio. La storia di Ohrid si respira nelle sue strade del centro, dove fra una chiesa e una moschea si comprende l'importanza che questo borgo assunse nel medioevo. Se decidete di visitare Ohrid durante l'alta stagione sappiate però che, vista la ressa, le piccole strade del centro poco si prestanno alle passeggiate. Meglio quattro passi sul lungo-lago, dove ci si può anche permettere un bagno rinfrsescante, prima di una serata nella movida macedone.

Se invece preferite la bassa stagione, allora un'ottima occasione è visitare Ohrid nel periodo del carnevale di Vevcani, una cittadina poco distante dal lago. Buon divertimento!

mercoledì 14 marzo 2012

Sopravvivere a Guča

Se volete testare quanto il vostro fisico può sopportare condizioni estreme, ebbene dovete andare a Guča. Guča è un piccolossimo villaggio della Serbia centrale, non troppo distante dal confine bosniaco.

Qui, da oltre 50 anni, si svolge quello che è probabilmente il più importante festival di ottoni, attraverso il quale Boban Markovič ha conquistato la scena mondiale.
Si tratta di un vero è proprio concorso per bande di trombe e affini: ma attorno alla kermesse officiale è cresciuto, col passare degli anni, un vero e proprio raduno che vede appassionati raggiungere la Serbia da tutta Europa.

Chiariamo sin da subito: Guča non è un posto per palati raffinati. Si è praticamente costretti a dormire in tenda con decibel che raggiungono livelli sconosciuti, il miglior bagno a cui si può accedere è una latrina zeppa di mosche, le dosi di carne e šlivovica creano shock anche alle bocche meno delicate.
Ma se ci si ferma una, massimo due notti, ci si diverte davvero. Le bande di zingari che provengono da tutta Europa riempiono le strade del paese con le vibrazioni delle loro trombe: migliaia di persone le assecondano ballando per tutta la notte.





















A Guča però vi capiterà di vedere un sacco di persone con un cappello verde militare: il cappello dei cetnici, i nazionalisti serbi. È il prezzo che ha pagato il festival dopo le guerre balcaniche: ora qui il nazionalismo, a differenza dell'Exit Festival di Novi Sad, la fa da padrone. Per carità, i turisti son ben visti (anche se può capitare che qualcuno vi rimproveri perchè state bevendo birra montenegrina in Serbia), e la maggior parte della gente è accogliente (sono molte le persone, soprattutto straniere che indossano il cappello senza sapere di cosa si tratti, indossandolo come un semplice indumento folkloristico).

Certo però che se le bancarelle evitassero di vendere le magliette recanti la scritta "Mladić eroe" ci si potrebbe godere la musica più a cuor leggero.


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mercoledì 7 marzo 2012

Lo Yugobasket / 2

Nel precedente post sul basket in Jugoslavia concludevo spiegando come secondo Sergio Tavčar, nota voce di Tele Capodistria, il maggior rischio per il basket jugoslavo fosse quello "dell'americanizzazione" (che ha già condannato l'Italia). Che cosa vuol dire americanizzarsi lo si può capire forse da soli, ed è qualcosa di applicabile a tutti i campi della vita. Ma nello sport questa cosa si capisce forse meglio.
Fra i suoi aneddoti Tavčar raccontava di quando a inizio partita vide una squadra fare un gioco spettacolare, finire l'azione con una schiacciata ed esultare come cretini. Nell'azione seguente, la squadra avversaria crea un'azione diligente, un tiro semplice, e il marcatore, alzando le dita, avverte: guardate che siamo due a due.
L'americanizzazione, detta in altri termini, è lo strapotere dell'immagine sulla sostanza. Nell'NBA, spiega Tavčar, si possono vedere giocatori esultare per una schiacciata anche se la propria squadra è sotto di venti punti. E per la stessa ragione è ormai impossibile vedere un giocatore mirare al tabellone, anche se questo rende più semplice fare canestro.
Questo tipo di impostazione diventa letale per lo sport: l'estrema spettacolarizzazione rischia di trasformare ciò che conosciamo in qualcosa di diverso. E' il caso della lotta libera e della lotta greco-romana: relegate ormai a sport di quarto ordine mentre la versione finta e spettacolarizzata, cioè il wrestling, dilaga in TV.
Le squadre dell'ex Jugoslavia riusciranno a mantenere la loro forza solo se resteranno immuni da questa filosofia, dando spazio al loro spirito balcanico, irruento, genialoide, grezzo. Ma soprattutto, autentico e sincero.

P.S. Nella foto: Mirza Delibasic, talento jugoslavo degli anni Ottanta.